venerdì 3 luglio 2009

Questione di opportunità politica [prima puntata]

Gli esordi.

Il primo giorno di lavoro devo lavare via anni di collaborazioni in nero e di contratti trimestrali. Un incarico peggiore dell'altro. Tanta fatica sprecata e un bel po' di sguardi lascivi da lasciare alle spalle. Mi trovo in città, tra gente civile. Poggio i miei stracci in un alloggio decadente (cade letteralmente a pezzi) e cammino per un chilometro senza fermarmi. Sono di fronte all'ingresso di un palazzo meraviglioso. La mia meta proibita. Ne immagino la solidità, i marmi, l'ampiezza. Varco la soglia, sono già in portineria, pronuncio il mio nome, quasi svengo dall'emozione quando mi dicono che mi stanno aspettando. Scavalco una fila di gente che attende di essere identificata e mi sento toccata dal fato. Una privilegiata. Da ora in poi nessuna anticamera.
Supero una scalinata imponente e contemplo quello spettacolo sentendomi finalmente parte della storia. Oltrepasso una stanza lucida, sobria. Marrone e oro sono i colori prevalenti. Tetti altissimi, finestre riparate da drappi e tende preziose. Lussi che pensavo di non poter mai vedere. Ne supero ancora una. Per ogni fermata c'è un uomo che saluta e gentilmente mi indica la strada. Sembra un labirinto, una stanza porta all'altra e poi di nuovo una e poi un ingresso ad arco. Una dozzina di minuti e sono arrivata.
Indosso un paio di jeans, una camicia scollata e un paio di sandali. Fa caldo. Il mio capo mi invita a sedere su una poltrona. Comodissima. Mi racconta un paio di aneddoti. Rido per non deluderlo. Non capisco di cosa parla. Lui è un uomo di cultura. Io una provinciale intelligente. Mi dice qualche frase di incoraggiamento. Lo ringrazio per l'opportunità che mi ha dato. Mi fa fare il giro degli uffici. Questo è il tuo collega. Questa la tua scrivania. Questo il tuo computer. Questo l'archivio. Qui la toilette. Qui c'e' la biblioteca. Ti porto a fare un giro del palazzo. Mano sulla spalla, paterno. Metri e metri di corridoio con la sua mano ancorata alla clavicola. Mi presenta chiunque incontri e io stringo altre mani. Lui continua a contrassegnare il territorio. Passiamo dal bar. Un thè freddo, grazie. E grazie anche a te, di nuovo, per l'opportunità. Non tradirò le tue aspettative.
Mi lancio in un bacio sulla guancia, casto e filiale. Sguardo disarmante. Lui si imbarazza e ritrae la mano. Per un momento sono riuscita a fargli capire che potrebbe essere mio padre. Punto.

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